Comune di Selargius

San Lussorio

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La chiesa romanica di San Lussorio sorge nell’agro fra Selargius e Monserrato (anticamente chiamata Pauli), nella località detta “Serriana”, vicino alla zona archeologica di Su Coddu. L’edificazione del nucleo originario del tempio dovrebbe risalire al V secolo d.C. anche se non mancano pareri discordanti in proposito: l’archelogo Cao ritiene che si possa addirittura retrodatare al 300, ovvero al periodo di Diocleziano. L’attuale edificio risale, invece, alla seconda metà del 1100, ed è stato esposto nel corso dei secoli non solo alle intemperie ma anche ai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale. La struttura chiesastica si trovava, infatti,  vicino al campo di aviazione di Monserrato e per un periodo venne requisita dall’aeronautica e adibita a ricovero delle truppe nazionali ed alleate. In seguito, negli anni ’50, crollò il tetto nella parte sovrastante il Cornu Evangelii e questo accentuò lo stato di degrado del santuario, che venne chiuso al culto. Bisognerà attendere la ristrutturazione degli anni ’90 per vedere ritornare la chiesetta al suo antico splendore. Nel 1986 il Sindaco di allora, Dott. Antonio Melis, acquistò la struttura dedicata al culto di San Lussorio, gli edifici ad esso pertinenti ed i terreni circostanti dai fratelli Soro per la cifra di lire 198.308.200. L’intento del Comune di Selargius era quello di trasformare i terreni della zona di San Lussorio in un parco pubblico, includendo in questo progetto anche il restauro della chiesetta annessa. Nel 1988 l’amministrazione comunale presentò alla Soprintendenza competente il progetto di restauro, che venne approvato. Nello stesso anno iniziarono i lavori di ricostruzione del tetto e di restauro delle pareti, delle colonne e del rosone, nonché la costruzione del pavimento e di nuovi infissi, degli impianti elettrici e del riscaldamento.

Per quanto concerne la denominazione della chiesa, ci sarebbe da rilevare una curiosità: fino al 1666 negli atti della Causa Pia veniva indicata come San Lucifero. Tale intitolazione scaturiva dal desiderio, da parte del clero cagliaritano, di dimostrare la santità di Lucifero di Pau, Arcivescovo di Cagliari, in modo tale da affermare la supremazia della chiesa cagliaritana su quella sassarese.

Prescindendo dall’alternanza nell’intitolazione, il santuario è sempre stato conosciuto come “Sa Cresia de is Santus”. Due sono le ipotesi sull’origine di tale denominazione: la prima ritiene che la chiesa sia stata edificata in onore dei tre martiri Lussorio, Cesello e Camerino; la seconda suppone che il nome derivi dai numerosi martirii ai seguaci del Cristianesimo anticamente consumati nel luogo in cui ora sorge la chiesa. È interessante rilevare che, secondo le ricerche condotte da Lauranna Puxeddu, “Sa Cresia de Is Santus” sarebbe l’unica intitolata ai tre santi in Sardegna e nella Penisola.

L’architettura dell’edificio presenta interessanti peculiarità. Si suppone che nella planimetria originaria l’edificio fosse suddiviso in tre navate, separate per mezzo di due file di tre colonne ciascuna: una navata centrale più ampia e più alta e due laterali più piccole e più basse. A seguito dei crolli verificatisi già prima del 1600, che coinvolsero sia la navatella destra che l’abside, parrebbe che l’arcivescovo di Cagliari del tempo, Francesco de Esquivel, abbia fatto ricostruire l’edificio con un’aula unica, priva di colonne, come si può osservare nel suo assetto attuale. Ordinò inoltre di ampliare la costruzione con un prodromo a mò di loggia, del quale attualmente rimane solo l’elegante ed ampio arco, poco discosto dalla facciata. Gli esperti muratori del tempo (maestri picapedrers), interpellati dall’arcivescovo, affermarono che l’edificio, anticamente, doveva essere a tre navate. La loro tesi sarebbe avvalorata dal fatto che, a seguito della ricostruzione operata nel 1600, sia il colmo del tetto a capriate che l’ubicazione dell’altare sono stati portati fuori asse, mentre invece quest’ultimo avrebbe dovuto trovarsi allineato con la porta principale.

Tuttavia non è certo che la struttura fosse inizialmente tripartita: la navata di destra potrebbe non essere mai esistita. È infatti possibile che l’impianto fosse a due navate come riscontrato, peraltro, in altri edifici sardi del Medioevo. Tale scelta potrebbe essere stata dettata dalla volontà di procedere, in futuro, ad un ampliamento, che avrebbe dovuto portare a costruire un’aula trinavata.

La facciata è caratterizzata da uno schema a frontone. La navata centrale, attualmente, presenta un sistema di tre archi pensili retti da lesene. Tuttavia, stando alle ricostruzioni di alcuni disegni del 1600, i tre archi, a quell’epoca, si allungavano fino alla base e andavano a riquadrare il portone di ingresso. L’arco centrale è arricchito da una finestra bifora divisa da una colonna che sostiene due archetti lavorati in modo diverso tra loro. Nell’arco situato alla sinistra della bifora è possibile scorgere un incavo a motivo triangolare. Sulla sommità del timpano si erge, maestoso, il campanile a vela dotato di campana, caratterizzato da una luce leggermente ogivale. I portali di ingresso sono due: quello principale, più ampio, si trova nella navata centrale, immediatamente sotto i tre archi pensili, in corrispondenza della bifora; quello secondario, provvisto di architrave monolitico, è caratterizzato da un arco a tutto sesto e da una cornice di quattro archetti pensili con decori geometrici o fitomorfi. Alla loro destra è ben visibile un incavo circolare, che un tempo doveva contenere un bacino ceramico.

A fianco al lato destro della chiesa - dove avrebbe dovuto esserci la terza navatella -  sorge l’ex casa Soro, un edificio in stile liberty di inizio novecento. La pianta della villa è di forma rettangolare; lungo i prospetti laterali si aprono una serie di finestre, anch’esse rettangolari, piuttosto ampie ed architravate. L’accesso, consentito da un’unica apertura ad arco, si trova sul lato corto dell’edificio. Il piano superiore è caratterizzato da un ampio terrazzo a ballatoio, mentre la copertura è costituita da un tetto a due falde su capriate.

Per quanto riguarda gli arredi interni, purtroppo molti pezzi pregiati sono misteriosamente scomparsi nel corso del tempo. I bombardamenti dell’ultima guerra mondiale prima, il crollo del tetto negli anni ’50 poi, resero la chiesetta inagibile, tanto che venne chiusa al culto per un lasso di tempo piuttosto lungo. Fu in quel periodo che il tempio venne saccheggiato da tombaroli e ladruncoli d’ogni genere, perdendo numerosi pezzi d’arredo preziosi, quali il pulpito ligneo che era situato alla destra dell’altare (presente fino agli anni ’60) e una pregevole acquasantiera scolpita nella pietra. Per fortuna si è riusciti a salvaguardare alcuni elementi, come lo spettacolare sarcofago litico dedicato a San Lussorio, che un tempo fungeva da altare; due lastre tombali marmoree con iscrizioni; un pregevole dipinto di Francesco Massa; le tre statue lignee della prima metà del Seicento raffiguranti i Santi Lussorio, Cesello e Camerino.

Queste ultime, attualmente, sono custodite nella parrocchiale di Maria Vergine Assunta, e vengono trasferite nella chiesetta di San Lussorio una volta all’anno, in occasione dei festeggiamenti in onore del copatrono di Selargius, che si svolgono a partire dal 19 di Agosto. In questa data avviene la vestizione dei tre santi mentre, il giorno successivo, si celebra, presso la sala consiliare dell’Amministrazione Comunale di Piazza Cellarium, la suggestiva cerimonia che da inizio ai festeggiamenti. In quell’occasione, il sindaco consegna il gonfalone della città al Primo Majorale del Gremio di San Lussorio, conferendogli l’incarico ufficiale di dare il via ai festeggiamenti. Alla Prioressa viene invece consegnata la bandiera del Settecento conservata nel Santuario, mentre al Presidente dei festeggiamenti viene affidato lo stendardo dei Santi. Per i fedeli il giorno più importante dei festeggiamenti è senza ombra di dubbio il 21 Agosto in quanto, in quella data, nel 304 d.C. venne martirizzato il Santo.

Che la festa in onore di San Lussorio da sempre sia stata molto sentita non solo dagli abitanti di Selargius, ma anche dai devoti provenienti da ogni parte dell’isola, è comprovato da un dipinto di Giovanni Marghinotti del 1861, intitolato “Festa campestre in Sardegna”. Se infatti un artista famoso come il Marghinotti ha scelto di immortalare proprio la kermesse selargina come simbolo delle feste campestri in Sardegna, questo significa che doveva indiscutibilmente trattarsi di una festa molto sentita e partecipata dal popolo. Il quadro è attualmente custodito al Mus’a, la pinacoteca al Canopoleno di Sassari, ma, fino a poco tempo fa, era esposto al Museo Nazionale G.A. Sanna, ubicato nella medesima città.

Tra gli arredi interni salvati dai saccheggiatori il pezzo più pregiato è senz’altro il Sarcofago di San Lussorio: esso è databile all’età tardo antica in virtù delle sue caratteristiche scultoree. Durante l’ultima ristrutturazione della chiesa, avvenuta negli anni ’90, per evitarne il trafugamento venne proposto il suo trasferimento. Fu così che, nel 1987, il prezioso sarcofago in arenaria venne temporaneamente ospitato nella chiesetta di San Giuliano. Attualmente possiamo di nuovo ammirarlo nella chiesa di San Lussorio, sul lato sinistro dell’unica navata interna. Tale posizionamento rispetta appieno la sua disposizione originaria, dal momento che, un tempo, fungeva da base ad un altare laterale. Ancorché non sia certo che il sarcofago litico del IV secolo abbia realmente accolto le spoglie del copatrono di Selargius, di sicuro ha contenuto i resti di un personaggio di rango militare. La facciata anteriore, infatti, è abbellita da tre edicole in bassorilievo con simboli bellici: in quella centrale è raffigurato un militare  armato di spada vestito col pallio mentre, nelle edicole laterali, troviamo due protomi leonine. La parte frontale dell’antico sepolcro, strigilata, è inoltre abbellita da una cornice con doppio motivo floreale: una più esterna, costituita da una ghirlanda di fiori, ed una più interna, con foglie stilizzate. Anche le facciate laterali del sarcofago raffigurano armi: una lancia ed un’ascia bipenne incrociate sotto uno scudo romboidale. La parte destra dell’urna appare rovinata a causa delle leve e dei cunei utilizzati in passato per sollevare il coperchio. Quest’ultimo, purtroppo, è andato perduto, ma si ipotizza che fosse di tipo monolitico e a due spioventi.  

Da quando il sarcofago è stato aperto per prelevare le ossa del Santo è iniziata la diaspora delle sue reliquie.  A tale proposito è interessante notare che, poiché sia la sentenza di morte che l’esecuzione dei tre santi Lussorio, Cesello e Camerino, avvennero nello stesso giorno – sebbene in luoghi diversi –  si suppone che i loro resti siano stati custoditi insieme.  La prima traslazione delle reliquie fuori dalla Sardegna dovrebbe essere stata effettuata dai Longobardi, per ordine di Liutprando, nella prima metà dell’VIII secolo d.C. La seconda, avvenuta nel 1080, durante il periodo della dominazione pisana nell’isola, vide il trasferimento in Toscana di alcuni resti sacri. Fu in quell’occasione che il nome originario del Santo venne modificato in S. Rossore. Infine la testa del martire venne affidata dal Vescovo Gherardo ai Benedettini nel 1085. Dopo circa due secoli, nel 1283, l’Arcivescovo Visconti la consegnò agli Umiliati. Questi ultimi, in seguito, vennero allontanati da Pisa e si ritirarono a Firenze, portando con sé la preziosa reliquia. Trascorsi quasi altri trecento anni, nel 1570 Papa Pio V soppresse l’ordine degli Umiliati, consegnando tutti i loro beni all’ordine dei Cavalieri di S. Stefano di Pisa. Nel 1591 il Commendatore Ludovico Covi donò la reliquia alla chiesa dell’Ordine. A quel tempo la testa di San Lussorio era contenuta all’interno di un busto reliquiario fabbricato da Donatello, commissionato dai frati d’Ognissanti di Firenze nella prima metà del 1400. Attualmente il busto bronzeo si trova a Pisa, nel Museo di San Matteo, ma – a detta del direttore, Mariagiulia Burresi – la reliquia non è più contenuta al suo interno, bensì dentro una sua copia esposta alla venerazione dei fedeli nella chiesa di Santo Stefano (sempre a Pisa). Nel 2004, in occasione della celebrazione dei 1700 anni trascorsi dal martirio, la reliquia è stata esposta nella chiesa di San Lussorio, a Selargius. Nel 2009, invece, è stata esposta nell’omonima chiesa di Tortolì.

Tornando agli arredi interni preservati dai ladri e dall’incuria del tempo, è importante menzionare il paliotto eseguito dal pittore cagliaritano Francesco Massa, una volta ubicato nell’altare maggiore del tempio ma attualmente custodito nella stanza del Sindaco di Selargius. Nel 1988 il sindaco del tempo, Tonino Melis, deliberò l’acquisto del pregevole dipinto settecentesco rappresentante il martirio dei Santi Lussorio, Cesello e Camerino. Si tratta di un olio su tavola delle dimensioni di 104x220 cm, molto particolare per la rappresentazione teatrale delle scene raffigurate. Ai lati si scorgono dei drappeggi di colore rosso scarlatto che fungono da sipario: in primo piano, su un piedistallo ornato da volute barocche a forma di S che affiancano lo stemma nobiliare dei Massa, sono raffigurati i tre Santi. La scena centrale è messa in risalto dalla raffigurazione di una fila di cipressi per ogni lato, disposti in fuga prospettica. Nel  lato destro del dipinto, che ha come sfondo l’inconfondibile chiesa di Selargius (caratterizzata dall’ampio arco di fronte alla facciata), è rappresentato il martirio dei tre santi. Nel lato sinistro, invece, viene raffigurato solo San Lussorio disteso a terra mentre due persecutori armati di bastone infieriscono su di lui.

Infine, per completare la descrizione dell’interno della chiesa, giova ricordare che, durante il lavori di restauro, vennero rinvenute due lastre tombali marmoree della seconda metà dell’Ottocento. Originariamente situate nel pavimento, oggi, dopo essere state opportunamente restaurate, sono sistemate sul lato destro della navata interna. La prima, relativa alla tomba del Vicario parrocchiale di Selargius, Raffaele Soro,  presenta un’incisione col teschio e riporta la seguente iscrizione: “A.M. di Raffaele Soro, Vicario Parrocchiale di Selargius, morto li 2 maggio 1852 d’anni 52. I congiunti addolorati P.Q.M.” La seconda, anch’essa di marmo bianco, si presenta, purtroppo, molto frantumata. È tuttavia possibile leggerne l’incisione: “Francesco Sanna di Cagliari, nato nel 4 Ottobre 1777, morto nel 22 Febbraio 1862. Intelligente ed ottimo negoziante, fu caro a quanti lo avvicinarono. Curò ed aumentò con vera attività il proprio censo. Fu ottimo marito di compianta consorte, impareggiabile padre d’amata numerosa prole. Questo  tributo d’affettuosa devozione colle lagrime P.”

Recentemente, grazie alla generosità del Gremio di San Lussorio e dei Lions di Selargius, la chiesa è stata arricchita con nuove statue raffiguranti i tre santi Lussorio, Cesello e Camerino, una pala ad olio, che sovrasta l’altare, e una via Crucis, tutte opere del noto pittore e ceramista selargino Claudio Pulli.

 Patrizia G.S.

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